DISOCCUPAZIONE, RECESSIONE, UTILI, S&P500: TANTI GRAFICI CHE FANNO RIFLETTERE

 

L’obiettivo dell’analisi è quello di osservare le variazioni e correlazioni di alcuni dati macroeconomici e di come essi, in futuro, potrebbero impattare fortemente sul mercato azionario americano. Sarà recessione?

I protagonisti dell’analisi:

·        Tasso di disoccupazione

·        Prodotto interno lordo

·        Produzione industriale

·        Richieste iniziali di sussidi di disoccupazione

·        Curva dei rendimenti

·        Politica monetaria

·        Recessione

·        Fiducia dei consumatori

·        Utili delle società dell’S&P500

Buona lettura!

1. IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE

Il tasso di disoccupazione è uno dei più importanti dati macroeconomici.

Esso è il risultato di una formula matematica, espressa come il rapporto tra i disoccupati e la forza lavoro totale:

TASSO DI DISOCCUPAZIONE = DISOCCUPATI / FORZA LAVORO

Il divisore della differenza, la “forza lavoro”, è la somma di tutti gli individui occupati e di quelli in cerca di un’occupazione.

Perché è così importante il dato macroeconomico?

Definiamo la formula di calcolo del PIL utilizzando il metodo della spesa:

PIL = C + I + G + (E-I)

Dove:

·        C = Consumi, ossia la quantità di beni e servizi acquistati dai consumatori

·        I = Investimenti, intesi come la spesa delle imprese e famiglie in immobili e beni strumentali

·        G = Spesa pubblica

·        E = Esportazioni

·        I = Importazioni

All’aumentare del tasso di disoccupazione è altamente probabile che i consumatori spenderanno meno denaro. Questo significa che, generalmente, “saranno meno consumisti”:

·        Tenderanno probabilmente a risparmiare denaro, selezionando con più attenzione la quantità di beni e servizi acquistati (sarà meno probabile l’acquisto di beni durevoli come automobili, ad esempio)

·        Tenderanno ad investire meno capitali (saranno quindi improbabili gli acquisti di immobili)

Quanto più il tasso di disoccupazione sarà alto, tanti più individui (o, collettivamente parlando, famiglie) tenderanno a risparmiare denaro e tanto più ne risentiranno in negativo le variabili C e I della formula di calcolo del prodotto interno lordo.

Da questo discorso dovrebbe convenire una correlazione negativa tra PIL misurato anno/anno e tasso di disoccupazione. Osserviamo nella grafica successiva se l’ipotesi è attendibile:


Ipotesi confermata:

·        Ad una crescita economica è legato un basso tasso di disoccupazione

Riepilogando brevemente:

·        Al salire del tasso di disoccupazione diminuirà la domanda dei consumatori

Facciamo un altro esempio dell’impatto del dato macroeconomico sull’intensità economica:

·        Se è vero che ad un aumento dell’unemployment rate sono legati minori consumi, sarà altrettanto vero che le industrie rallenteranno la produzione. Dovrebbe dunque esistere una correlazione inversa tra tasso di disoccupazione e produzione industriale:


Ipotesi vera: correlazione negativa tra i due dati macroeconomici!

 

2. TASSO DI DISOCCUPAZIONE E RECESSIONE

La correlazione negativa PIL-tasso di disoccupazione osservata precedentemente ha sottinteso il fatto che ad una recessione corrisponde un alto tasso di disoccupazione. Questo è vero? Osserviamo l’immagine successiva:


La figura, reperita dal sito di Fred Economics, riporta la variazione del tasso dal 1950 ad oggi. Le zone della figura ombreggiate di color grigio indicano tutte le ultime dodici recessioni a livello statunitense.

Le parti più curiose della figura sono rappresentate dai piccoli cerchi di color rosso. Essi hanno la funzione di focalizzare la vostra attenzione su un aspetto importante: il tasso di disoccupazione inizia a registrare delle brusche accelerazioni (al rialzo) all’inizio di una recessione.

Sembra quasi che il dato macroeconomico non sia responsabile della contrazione dell’intensità economica. Però…questo non è l’unico dato macroeconomico sul mercato del lavoro fornito dal calendario economico.

 

3. LE RICHIESTE INIZIALI DI SUSSIDI DI DISOCCUPAZIONE

Il dato macroeconomico sulle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione misura il numero di persone che per la prima volta nella settimana in rassegna hanno richiesto l’indennizzo di disoccupazione.

Qual è la principale differenza con il dato precedente?

·        Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione sono comunicate a livello settimanale, mentre il tasso di disoccupazione a livello mensile. Inoltre, il primo tende a registrare (lettura dopo lettura) grandi oscillazione rispetto al secondo, mostrandosi dunque più volatile

Vista e considerata la cadenza temporale di rilascio dei dati, possiamo affermare che l’initial jobless claims fornisce un quadro occupazionale “in tempo reale”: per questo, esso è considerato un coincident-data, a differenza del secondo, lagging.

Volendo essere ancora più precisi, il primo altro non è che un segnale anticipatore del secondo.

Vediamo se questo è confermato dalle grafiche successive:






Dal 1970 ai giorni nostri il coincident-data ha sempre anticipato le future tendenze del lagging:

·        Ogni massimo/minimo delle richieste iniziali di sussidi ha anticipato il successivo massimo/minimo del tasso di disoccupazione

La domanda ora sorgerà spontanea:

“Dal momento in cui il tasso di disoccupazione registra dei grandi rialzi all’inizio di una recessione e le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione sono leading indicator del primo, allora si può affermare che un aumento di quest’ultimo, dopo una fase ribassista, è da considerarsi come un segnale premonitore di una potenziale contrazione economica”?

 

4. LE CURIOSE SIMILITUDINI DELLE RICHIESTE INIZIALI DI SUSSIDI DI DISOCCUPAZIONE CON LA CURVA DEI RENDIMENTI

Per capire se il coincident-data può essere considerato come un anticipatore di una recessione, è utile osservare la sua correlazione con il grafico che più di tutti esprime la stessa aspettativa: la curva dei rendimenti.

Per chi ancora non lo sapesse, la curva dei rendimenti (nella figura successiva) è la rappresentazione grafica dei rendimenti dei diversi titoli di stato americani a diversa scadenza.

Essa può essere divisa in due parti: quella breve (scadenze 6M, 1Y, 2Y, 3Y, 5Y) e quella lunga (7Y, 10Y, 20Y, 30Y).

Quando la parte a scadenze brevi rende più di quella a scadenze lunghe si ha l’inversione della curva dei rendimenti e…il segnale di una potenziale recessione.

Osserviamo la grafica successiva, che riporta lo spread tra il rendimento a 10 anni (benchmark della parte lunga) e quello a 2 anni (benchmark della parte corta):


Ogni qualvolta lo spread è sceso al di sotto della soglia dello 0%, la curva (a quelle scadenze) si è invertita e qualche tempo dopo si è materializzata una recessione (indicata nel grafico da ogni rettangolo verticale di color azzurro).

L’inversione della curva è catalizzata dall’inasprimento della politica monetaria. Osserviamo la grafica successiva:

La correlazione tra tassi di interesse della Federal Reserve e curva dei rendimenti 10-2 anni è negativa!

Ho evitato di trattare in maniera dettagliata questo argomento; qualora ci fossero dei dubbi o ci fosse l’esigenza di maggiori informazioni, lasciate un commento!

Andiamo ad osservare nelle due grafiche successive il rapporto tra curva 10-2 anni e richieste iniziali di sussidi di disoccupazione:



Grafiche molto interessanti:

·        Ad ogni inversione della curva ha sempre corrisposto, nell’immediato, un incremento del numero di disoccupati. Questo è accaduto prima delle recessioni degli anni ’80, del 1991, del 2001 e del 2008.

E oggi?

Come mostra la grafica successiva, l’inversione è avvenuta a luglio 2022 e l’inversione di tendenza del numero di disoccupati tre mesi dopo, a ottobre 2022.


5. I GRAFICI CHE FANNO RIFLETTERE

È stato dunque chiarito come il dato sulle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione sia un importante catalizzatore macroeconomico. Prima di concludere l’analisi che spero abbiate apprezzato, osserviamo ancora alcune grafiche:

·        Il dato macroeconomico, come mostra la figura, è capace di catalizzare la fiducia dei consumatori. La loro correlazione è negativa:


La fiducia dei consumatori è altamente correlata al prodotto interno lordo anno/anno:

·        Si ha una crescita economica all’aumentare della fiducia dei consumatori


Il tasso di disoccupazione, a sua volta, è in grado di influenzare gli utili delle società dell’S&P500, come mostra la successiva grafica:


E il benchmark azionario tende a salire al crescere degli utili delle sue società:


Quindi, ricapitolando in breve:

·        Le richieste iniziali di sussidi disoccupazione, un dato macroeconomico coincidente, tende sempre ad anticipare il tasso di disoccupazione. Questo contesto si verifica all’inasprimento della politica monetaria che ha proprio l’obiettivo di “calmierare” la domanda dei consumatori; all’aumentare della disoccupazione, peggiorerà il sentiment dei consumatori che, di riflesso, inizieranno a spendere meno denaro impattando in negativo sull’intensità economica e sugli utili delle società quotate, con la relativa discesa degli indici azionari

 

6. IL GRAFICO DA OSSERVARE

Per tutti gli aspetti trattati, attenzione al coincident-data e alla sua tendenza.

Ad esso è stata applicato una media mobile breve a 20 periodi: se esso continuerà a mantenersi in tendenza rialzista e al di sopra della moving average, starei personalmente in “allerta” (non che non lo sia già).


L’analisi non ha avuto lo scopo di spaventare alcuno; ha semplicemente avuto l’obiettivo di mostrare dei grafici utili a riflettere, specialmente in un contesto nel quale i tassi di interesse, teoricamente, dovranno salire ancora di 50 punti base.

A presto!


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